C’è un tempo per rincorrere il futuro e uno per guardarsi indietro. E quando la storia bussa alla porta con la forza simbolica di un numero tondo, cento, è giusto fermarsi e rendere omaggio a ciò che siamo stati per capire davvero dove vogliamo andare.

Nel 2026 la Paganese compirà cent’anni. Cento stagioni di sudore, cadute e rinascite, di tribune piene anche quando i riflettori erano spenti, di maglie bagnate di pioggia e di speranza. Una parte della tifoseria azzurrostellata – quella che vive la Paganese come un’estensione della propria identità – ha lanciato un’idea. Più che un’idea, un richiamo profondo. La richiesta di una maglia celebrativa per il Centenario. Ma non una maglia qualunque.

I tifosi immaginano una casacca essenziale, azzurra e basta. Azzurra come il cielo sopra il Torre, come le lacrime dopo una retrocessione o l’esplosione di gioia per una promozione. Sul petto, nient’altro che una stella bianca. Un simbolo semplice, ma universale: cento anni. Una vita. Un legame.

Questa proposta ha qualcosa di rivoluzionario nella sua purezza. È un gesto controcorrente in un calcio spesso dominato dal marketing, dalle maglie piene di inserti, colori, sponsor, pattern arditi e contaminazioni continue. Qui, invece, si chiede di tornare all’origine, alla maglia come vessillo, come manifesto d’identità, come ponte tra generazioni.

Non è nostalgia sterile. È memoria attiva. È la volontà di scolpire nel tessuto – nel vero senso della parola – ciò che la Paganese ha significato e significa per chi la ama.

E' una proposta che meritai ascolto e rispetto. Perché è una richiesta che va oltre l’estetica. È un grido di appartenenza, una dichiarazione d’amore. E noi, come voce giornalistica vicina alla città e alla sua squadra, non possiamo che farcene portavoce.

Immaginate per un attimo quella maglia: semplice, azzurra, con una stella. Immaginate la squadra che entra in campo, con lo stadio che applaude non solo i giocatori, ma un secolo intero. Immaginate i bambini che la indossano oggi, e i vecchi tifosi che la guardano con gli occhi lucidi, riconoscendo in quella semplicità la loro infanzia, le domeniche con il padre, i cori gridati in curva, le trasferte, le speranze.

Una maglia così non sarebbe solo un pezzo di stoffa. Sarebbe un simbolo. E i simboli, quando parlano al cuore, restano per sempre.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 16 luglio 2025 alle 00:00
Autore: Emmanuele Sorrentino
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